20 luglio 1930 – lettera manoscritta di Fracchia Umberto a d'Amico Silvio su carta intestata «L'Italia letteraria», Sestri Levante, con allegata minuta di risposta del 1930 luglio 20. Roma, 20 luglio Riservatissima Personalissima
Caro Silvio, so che ti sarà offerta la Presidenza della Corporazione del Teatro, e credo di averci messo una buona parola. Sono felicissimo di questa scelta, e me ne rallegro con te e con su detta Corporazione. Questa Corporazione dovrà avere, oltre che un Presidente, anche un Segretario Generale, il tuo più stretto collaboratore. Per questo posto è stato fatto il nome dell'avv. Nino Valentini – il padre di Manchette - che è mio ottimo amico, e del quale – senza alcun personale interesse – sostengo la candidatura quanto posso. Ti sarò grato se mi asseconderai: nel senso che, se ti sarà fatto il suo nome e chiesto il tuo parere, ti prego di dichiararti in suo favore. Non ti rivolgerei questa preghiera, se non fossi convinto sinceramente che il realtà tu non potresti avere alle tue immediate dipendenze persona migliore di lui sotto tutti i punti di vista. I – un signore; II – un grandissimo galantuomo, di una integrità morale assoluta; III – una persona colta, che saprà vedere in te qualche cosa più che un semplice superiore – diciamo così – burocratico; IV – pratico nel trattare affari, conoscitore dell'ambiente teatrale (e cinematografico); V – attivissimo, puntuale, riservato, fidato in ogni caso; VI – in linea generale, d'accordo con te (e con me) nel giudicare gli uomini e le cose del teatro. Credo che se qualcuno, in passato, ti avrà parlato di Valentini, te ne avrà parlato per dirtene bene. L'ho conosciuto a fondo a Milano, durante dieci anni, e so che non può dirsene che bene. Dopo di che, non aggiungo altro, sicurissimo come sono che tu presterai fede a quanto ti dico, e ti comporterai in conseguenza: della qual cosa ti ringrazio senz'altro. Questa lettera rimanga in ogni modo fra noi, come se non fosse stata scritta. In realtà non te la scriverei se tu non fossi a Montecatini e io non partissi oggi stesso per la campagna. Quanto a te, non ti salti l'estro di rifiutare la Presidenza della Corporazione. Se qualche 208 cosa in futuro si potrà ancora fare per il teatro, si farà da quel posto, e soltanto da uomini come te e come Valentini. Con un abbraccio Tuo Umberto Sestri Levante per Bargone (Genova) Carissimo, grazie di quest'altra prova di amicizia fraterna. Ma io, fino a questo momento, non ho saputo nulla di nulla all'infuori d'una letterina in cui Frateili mi riferiva d'aver avuto la notizia da te. È vero che tempo fa una persona – la quale non aveva nessun potere diretto in materia; non te ne dico il nome perché essa mi fece promettere, ecc. - mi chiese s'io avrei accettato non la Presidenza, ma qualcosa di non dissimile. E io le risposi enumerando le molte difficoltà che a parere mio vi s'opponevano. ―Ma no‖, rispose l'amico, ―vedrai, ecc. ecc.‖. La verità è che più ci penso, meno la cosa mi pare facile. Vedremo come si presenterà – se si presenta. Il bello poi si è che, nei giorni in cui si [...] la Corporazione, io […] a raccomandare altri: [...] bravo, serio e abile giovane [...], perché eventualmente fosse assunto nel costituendo (diciamo) Ufficio del Teatro; anzi costui spera e attende ancora, da me, notizie in proposito. Ora tu mi parli del Valentini. Ma aspettiamo a vedere cosa prevede di me, e se la offerta venga, e se la mia accettazione sia possibile, e in che modo, e con che poteri. [...] tra i primissimi a consigliarmi, in questa scelta come in tant'altre cose, ci sarai tu. E intanto vedo che il Valentini avrebbe un inestimabile pregio, quello che nel porcaio del nostro Teatro, è il più raro, d'essere un galantuomo. In attesa, faccio la cura! (Firma illeggibile)