28 giugno 1921 – lettera manoscritta di Fracchia Umberto a d'Amico Silvio su carta intestata «Edizioni Mondadori Roma», Milano Milano li 28 giugno 1921
Caro Silvio, la tua lettera mi rallegra assai. Sono contento che il mio romanzo sia piaciuto ad un uomo del tuo gusto e della tua esperienza. Tanto più che io non ne capisco più niente. E mi ribello solo all'idea, generica, che sia una completa porcheria. La tua soluzione per quanto riguarda l'articolo di Vitetti mi pare eccellente. Te ne sono grato e sono grato a Vitetti di non aver preso cappello per quel mio gesto, che potevo in realtà risparmiarmi. Nessuno più di te sa, che Papa Benedetto escluso, siamo tutti fallibili. Ti ringrazio anche di aver pubblicato il saggio di [...], di cui temevo forte a cagione della sua evidente stupidità. Ma certo per il lettore comune deve essere una cosa divertente. Siamo ormai in fine di stagione, ed altre primizie non posso mandartene, salvo, se credi, un episodio di Giacometto, nuovo romanzo di Beltramelli, che sarà pronto fra una decina di giorni. Dimmi se ti garba. Gli ultimi nostri volumi usciti li ho fatti mandare, oltre che a Vitetti, anche a Frateili, per due ragioni, che affido alla tua discrezione e diplomazia: I che pensavo di poter fare poco assegnamento sulla buona volontà di Vitetti a mio riguardo (dopo l'indicente ora appianato); II che, mandando fuori sei volumi in un mese solo, mi pareva opportuno, per averne con una certa sollecitudine la recensione, dividerli fra più persone. Raccomandavo però a Frateili, nel mandarglieli, di mettersi d'accordo con Vitetti e di non suscitar malumori. Sorveglia tutto questo pasticcio. Quanto a Bodrero, dovetti cedere alle insistenze di Brocchi, il quale desiderava un articolo favorevole (tutti così, siamo) e con una firma nota. Così pensai a Bodrero, e gli scrissi, dicendogli anche di mettersi preventivamente d'accordo con Tomaso. E forse lo ha fatto in quei giorni del cataclisma. In generale, non vorrei che, per eccesso di zelo editoriale, io finissi per scontentarmi un mucchio di brave persone, ben disposte per conto proprio ad aiutarmi. Consigliami tu. Non ti parrà inumano che io pensi onestamente di dover contare sull'appoggio del mio giornale, dove non ho lasciato, a quanto credo, che degli amici. Ho letto in questi giorni la prima puntata dei Ricordi di Antoine, sulla Revue hebdomadaire. Ti confesso che mi hanno quasi commosso. Tanta passione per certe cose non si vede più ai giorni nostri. Ora a me sembra che questi Ricordi, in una bella traduzione bene annotata, converrebbero perfettamente alla nostra collezione. Ne ho parlato a Mondadori, il quale però esita, per timore del pegno che ne chiederanno a Parigi. Se tu sei della mia opinione, faresti bene a scrivergli personalmente – come iniziativa tua – dicendogli d'aver letto Antoine e di ritenerlo interessantissimo per la collezione e per il pubblico. Servirà per dimostrargli che siamo in due a pensare la stessa cosa. Debbo infine rivolgerti due preghiere: di sollecitare da Pirandello la prefazione a Shaw, pregandolo di fissare un termine; e di ricordare a Pucci di mandarmi quel tal manoscritto riguardante S. Antonio.
Con molti affettuosi saluti dal tuo Fracchia