Chi era Umberto Fracchia

Ultima modifica 8 gennaio 2020

UMBERTO FRACCHIA (1889-1930)

 

Sebbene la sua attività si sia svolta in un breve arco di tempo poco più che ventennale (dal 1908, anno di pubblicazione del suo primo libro, al 1930, anno della sua improvvisa scomparsa mentre era nel pieno del suo lavoro), Umberto Fracchia è stato uno dei grandi protagonisti delle vita culturale italiana della prima metà del Novecento. E sebbene i suoi estremi dati biografici lo abbiano visto nascere e morire rispettivamente a Lucca e a Roma, egli ha avuto un legame fortissimo con la Liguria e in particolare con il paese di Bargone, del quale era originaria la famiglia della madre Gemma Scerni: qui, presso Casarza Ligure, tornava abitualmente appena gli impegni di lavoro glielo consentivano e qui ha voluto essere sepolto. E proprio quel mondo contadino gli aveva suggerito una straordinaria serie di racconti pubblicati prima sul “Corriere della sera” e poi raccolti nel volume postumo Gente e scene di campagna (1931).

Nei due decenni della sua intensa attività, Fracchia ha ricoperto molteplici ruoli che testimoniano sia la sua versatilità, sia l’ampiezza dei suoi interessi: egli fu scrittore, dapprima d’impronta dannunziana (con le novelle del libro d’esordio Le vergini del 1908 e poi di La favola dell’innocenza del 1910) e quindi aperto all’intreccio tra fantasia e realtà nel suo primo romanzo Il perduto amore (1921) e poi sensibile al bello stile di gusto rondista nel suo più denso romanzo Angela (1923) come pure nei racconti di Piccola gente di città (1925) destinati alle terze pagine come elzeviri, per giungere ai toni più avventurosi e più diretti del suo ultimo romanzo La stella del Nord (1929). Ma nel contempo Fracchia aveva dato vita alla rivista “Lirica” (1912) rivelando così la sua attitudine a riunire attorno a sé altri scrittori per dar vita a una pubblicazione che rappresentasse un indirizzo letterario, attività che, dopo la direzione di importanti rotocalchi (come “Comoedia” e “Novella”) nell’immediato dopoguerra, toccherà il suo apice con la fondazione nel 1925 del settimanale “La Fiera Letteraria”, divenuto poi per volere del regime “L’Italia Letteraria” e che riacquisterà il suo titolo originario nel secondo dopoguerra, quando vivrà ancora per alcuni decenni. 

E per dar vita a questo fondamentale periodico – che ospitava a puntate testi creativi di straordinaria importanza come il romanzo Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello, come pure recensioni, interviste a scrittori affermati, ma anche prove d’esordio di sconosciuti – aveva giovato l’intensa attività giornalistica, avviata da Fracchia sin dal 1910 sulle pagine della “Tribuna” per passare poi all’ “Idea Nazionale” nel 1914 dove, a partire dal dopoguerra, si occupava soprattutto di critica letteraria, avviando uno stimolante dibattito sulla funzione del critico e non mancando di scrivere energiche stroncature di libri di consumo e di successo che riteneva però qualitativamente  modesti. Nel breve giro di un paio di anni Fracchia si era affermato nell’ambiente letterario italiano per la sicurezza dei suoi giudizi e per il suo fiuto nello scoprire inediti talenti e queste qualità lo portarono ad essere nominato all’inizio del 1921 quale “direttore generale per la parte letteraria e artistica” di una giovane casa editrice che cercava di crearsi un proprio spazio e un proprio prestigio e per raggiungere questo obiettivo si era affidata proprio a lui: questa casa editrice era la Mondadori e Fracchia fu il vero protagonista della sua affermazione.

Da Roma egli si dovette trasferire a Milano e qui, dopo un’intensissima attività editoriale, nel 1925 maturarono le condizioni per realizzare il suo progetto di un periodico nazionale dedicato solo agli scrittori e fondò così la già citata “Fiera Letteraria”, per la quale aveva preso a modello la parigina “Nouvelle Revue Française”, a prova di uno stretto legame culturale con la Francia e con la cultura d’Oltralpe che avrà la sua conferma nel 1927 quando, lasciata la direzione della “Fiera Letteraria”, sulla quale sempre più forti erano divenute le pressioni fasciste, venne nominato direttore della redazione parigina del “Corriere della Sera” . Provato da queste vicende assai movimentate, nell’estate del 1928 Fracchia era tornato per qualche tempo a riposarsi nelle quiete di Bargone dove progettò di stabilirsi nella casa di famiglia, anche perché nel frattempo il “Corriere della Sera” aveva accolto la sua richiesta di divenirne corrispondente dalla Liguria. E ormai sempre più lontano dagli impegni nelle grandi città, sempre più spesso egli trascorreva il suo tempo a Bargone, dove non solo componeva i racconti poi confluiti nel già citato volume postumo Gente e scene di campagna, ma anche poteva progettare di realizzare quelle teoriche critiche sulla letteratura che la vita frenetica fino ad allora condotta gli aveva ostacolato. Ma il destino aveva voluto che proprio in uno degli ultimi soggiorni di lavoro a Roma la morte lo cogliesse improvvisa e prematura, lasciando un compianto generale nel mondo letterario italiano che riconosceva in lui il grande regista delle attività dei nostri grandi novellieri e poeti che non risparmiarono di scrivere su di lui articoli commossi che ne sottolineavano le qualità; e tra i tanti che vissero con sincera sofferenza la morte di Fracchia fu anche Giuseppe Ungaretti, che gli dedicò un articolo colmo di riconoscenza e di commozione.  

Prof. Francesco De Nicola

Professore di Letteratura Italiana Contemporanea

Università degli Studi di Genova

Univesitad de Granada